30 ottobre 2019

IL CIMITERO MORTALE

Io e mio fratello Salvatore andiamo molto d’accordo, non abbiamo mai litigato, salvo qualche volta quando eravamo molto piccoli ma per delle cose da niente. Dunque, dicevo... ah sì, meglio dire andavamo d’accordo perché ora siamo divisi in due casse da morto diverse. In ogni caso, gli avevo detto di non andare con quell’uomo sui trampoli, glielo avevo detto in tutte le salse ma lui nulla, incaponito come non mai, mi diceva sempre: “È simpatico, ha un buon rapporto con me, mi dà tutte le caramelle che voglio, perché non ci posso andare?”. A parlare con mio padre, poi, tempo scaraventato nel pattume: non sapeva fare altro che ripetergli: “Quando ti deciderai a crescere, deficiente? Sei ancora piccolo e lento a capire certe cose, ora svanisci e non rompermi le scatole fino a sera. Se proprio non ce la fai, vai a seccare tuo fratello! Avanti smamma!”. Questo era tutto quello che sapeva fare, oltre a bersi tutte le lattine di birra...  poi a chi toccava andarselo a ripigliare il sabato sera? A me, era logico. Con mia madre era meglio non parlare, sento ancora sulla pelle gli schiaffoni lenti e indiscutibili di quando era tesa. Mio fratello, quindi, si confidava con me. Io gli dicevo: “Quello lì non è sano di mente, ha un’aria malefica, non voglio che si avvicini a te, mi hai capito? Sul suo conto gira voce che sia stato in carcere per infanticidio aggravato. Non lo voglio vedere accanto a te, chiaro?”. Quello stupido rispondeva di sì, ma poi che faceva? Correva subito da quello lì! Io lo pescavo di nuovo con quella feccia umana e mi imbestialivo moltissimo: “TE LO AVEVO DETTO, STAI LONTANO DA LUI, A CASA LO DICO A MAMMA!”. Mi ricordo di quella sera agghiacciante, mio fratello era felice per quel mucchio di pulci che aveva raccattato per strada, che però io avrei affogato in un secchio d’acqua. Ad ogni modo, quel gattaccio schifoso che emanava un’insopportabile puzza di munnizza era scappato, no? Salvatore era corso verso di lui per arraffarlo, inciampando in un tombino. Due secondi dopo era sparito e, mentre lo cercavo, mi pentivo di essermi preso la responsabilità di badare a quello scimunito. L’uomo sui trampoli lo aspettava all’angolo, nascosto dalla carcassa di un’automobile bruciata. Bene, quel figlio di un diavolo sbucò a sorpresa! Gli bloccò la testa e le braccia con una mossa fulminea, poi lo portò dentro al cimitero. Io mi ero portato il fucile di mio padre, cacciatore entusiasta, perché volevo ammazzare il gatto e farla finita per sempre. Cavolo, sapevo che sarebbe successo! Quel rimbambito di Salvo urlava, si contorceva, cercando di liberarsi da quelle manacce che lo stavano strangolando. Sì, lo so che è stato un errore mortale, ma ero così attaccato a mio fratello… non potei fare a meno di reagire facendo partire il colpo e ferendo l’aggressore alla mano. Lui, dopo un urlo diabolico di dolore, mollò mio fratello semi-svenuto e mi fissò con quei suoi occhi iniettati del sangue delle sue vittime. Mi venne da vomitare e mi coprii gli occhi per non vedere quella scena raccapricciante. L’uomo sui trampoli era dietro di me e sentii un coltello che sibilò due centimetri a lato della mia tempia destra. Sparai di nuovo ma ferii per sbaglio mio fratello di striscio e gli urlai ”FORZA! ALZATI! SCAPPA! A LUI CI PENSO IO!”. Ma il trampoliere si era voltato verso mio fratello e... crac! Gli aveva spezzato il collo. E poi? Mi aveva accoltellato? Aspettate: ho sbagliato, mi ha sparato con il fucile di mio padre. Ricordo ancora la mia testa che fa un brutale scatto all’indietro e la lapide macchiata dal mio sangue. I miei parenti  erano in lacrime, zia Evelina si era strappata tutti i capelli, mio cugino era svenuto e neanche santa Rosalia in persona lo poteva far rinvenire! (Ma non poteva svenire prima? Non lo sopportavo più, si dava certe arie da defunto, e hai visto a chi è toccato?), i nonni meglio non parlarne, ehi aspettate un momento non proprio tutti piangevano. Mio padre non aveva pianto né si era disperato. Anzi pareva troppo felice che noi due ce ne fossimo andati via per sempre. Ma io comunque gli volevo bene. Almeno era venerdì e il solito lavoro di “prendi-quel-beone-di-tuo-padre” che mi spettava ogni sabato sera me lo sono risparmiato. 
 
Michelangelo Galli, 2Q
disegno di Alessia Galavotti
Laura Nori
Ylenia Rinaldi

22 dicembre 2018

Poesia di Natale
di Beatrice Sarti

Ed ecco, la poesia del Natale è giunta l'ora di narrare
La quale, con insistenza, la Capelli mi ha obbligata a inventare:
Nei mesi invernali per arrivare a scuola si attraversa una bufera,
ma per fortuna le luci dei viali carpigiani riscaldano l'atmosfera
Appena entrato nell'atrio 3, un bell'albero di Natale troverai di fronte a te
E con il presepe di fianco alla presidenza
Sentirai immediatamente di Gesù la presenza
Ma la vita neanche adesso è resa più semplice dagli insegnanti,
perché di compiti per le vacanze ce ne sono tanti.
L'ultimo giorno di scuola passerai ascoltando la corale,
tanti auguri a tutti di buon anno e di un buon Natale!